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Galeotto Fu Il Sacchetto Di Plastica
08/01/2018 Galeotto Fu Il Sacchetto Di Plastica

È sulla bocca di tutti, l’argomento più discusso e cercato su Google dagli italiani negli ultimi giorni: i sacchetti della frutta e verdura a pagamento.

Migliaia di post su Facebook, innumerevoli cinguettii su Twitter e prime pagine sui quotidiani nazionali.

Sembra che ognuno abbia un’opinione a riguardo e, visto che i social lo permettono, ci si sente in dovere di comunicarla agli altri.

Perché proprio questo cambiamento ha scatenato così tanta polemica?

Trovare una risposta univoca è difficile, se non impossibile, soprattutto in un Paese eterogeneo come il nostro.

È senz’altro particolare il fatto che i rincari sulle bollette invece, siano passati quasi del tutto inosservati. 5,3% per la luce e 5% per il gas sono una cifra sostanziosa, aggiungendo anche il 2,74% dei pedaggi autostradali, una famiglia media si vedrà costretta a pagare circa 60 euro in più all’anno. Per non parlare dei biglietti ATM che da gennaio 2019 costeranno 2 euro al posto di 1,50.

Il costo stimato degli infausti sacchetti invece, si aggira dai 4 ai 12 euro annuali. Una cifra che al netto della polemica non sembra giustificare le reazioni degli italiani, soprattutto in relazione all’aumento ben più corposo di altre tasse.

Come mai allora nessuno è sceso in piazza per la luce e il gas, ma moltissimi si sono infervorati per i sacchetti biodegradabili?

Le supposizioni a caldo che ci sentiamo di dare, per quanto appunto sia arduo identificare un leitmotiv universale, sono fondamentalmente due: la disinformazione corroborata dalle fake news e il riscontro visivo sullo scontrino.

Su giornali e telegiornali si è parlato di cifre ben superiori a quelle reali, probabilmente per puntare a una maggiore audience e suscitare scalpore. Alcuni giornalisti hanno azzardato addirittura 50 euro all’anno per questi sacchettini.

50 euro diviso un costo medio di 2 centesimi risulta in 2.500 sacchetti.

2.500 diviso le canoniche 52 settimane presenti nell’anno, risulta in 48 sacchetti settimanali. Qualcosa come 7 bustine al giorno.

È vero che il trend degli ultimi anni punta verso una cucina più sana, vegana e vegetariana in primis, ma ipotizzare un utilizzo di 7 sacchetti al giorno da parte di ogni famiglia è una stima esageratamente alta.

Con l’aggiunta delle fake news facilmente condivisibili in rete, è dilagata in un attimo la teoria che sia tutta una manovra governativa a favore dei soliti ignoti. Voci di corridoio sparse ai quattro venti senza documenti ufficiali a valorizzarne la tesi, ma su internet non serve alcuna prova provata perché un contenuto diventi virale, basta che sia sulla bocca di tutti.

Quello che sfugge ai complottisti però, è l’obiettivo ultimo di questa campagna: ridurre il consumo di sacchetti per limitare i rifiuti ambientali. Certo, potevano esserci delle alternative più smart, come ad esempio l’adozione della carta o la sperimentazione di altre strade, ma la meta è sempre la stessa, ovvero diminuire al massimo il consumo di plastica.

L’altro fattore che ha innescato la scintilla, probabilmente è stato il rincaro – seppur esiguo – visibile sullo scontrino. La luce e il gas, essendo aumenti sulla bolletta, entrano in punta di piedi sul conto in banca. Invece avere lo scontrino sotto gli occhi che contrassegna un costo immediato aggiuntivo, va a scatenare un rifiuto spontaneo del consumatore, che sia un euro o un centesimo. È la famosa questione di principio.

Quale sarà il riscontro a lungo termine dei famigerati sacchetti per ora è un mistero, sarebbe bello però ottenere questo stesso fervore anche per altri argomenti, come il cambiamento climatico, l’inquinamento mondiale, o la gestione finanziaria del Paese.

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