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21/03/2018
Il segreto della casa 770
Parte del fascino di Milano è dovuto all’eterogeneità architettonica che contraddistingue il capoluogo lombardo da oltre un secolo.
Visto il grado di tecnologia che accompagna ogni nostro passo, smarrirsi in una qualsiasi metropoli, è diventato il ricordo di una generazione che ancora chiedeva informazioni ai passanti. Ora invece, a meno che sia già finito il 4G mensile, difficilmente sentiamo dire “Mi scusi, sa dirmi dov’è…”.
Perdersi di proposito però è ancora fattibile, e in una città come la nostra, consigliabile, almeno una volta nella vita. Perché l’anima di Milano non sono solo le vetrine di negozi alla moda che attirano frotte di compratori internazionali o i ristorantini chic dai nomi accattivanti, ma anche – e soprattutto – gli edifici stessi, stoici testimoni silenziosi di un’era in perpetuo cambiamento.
Basta spostare lo sguardo un po’ più in su mentre si solcano vie affollate per ammirare cornicioni, balconi, archi, affreschi e decorazioni da cartolina. Scorci nascosti in bella mostra, che nella città più frenetica d’Italia, – dove i caffè si bevono sempre in piedi per fare prima – spesso passano in secondo piano.
Romanico, neogotico, barocco. Ma anche eclettico e naturalmente liberty. Ogni quartiere mostra fantastiche sfaccettature di uno stesso cuore con tonalità diverse. In pochi minuti passiamo da modernissimi grattacieli di vetro e acciaio a palazzi d’epoca in marmo e granito. Carisma e innovazione. Due mondi che si fondono in una realtà urbana capace di attirare quasi otto milioni di visitatori all’anno.
C’è però una casa che balza subito all’occhio, diversa da tutte le altre. Sembra fuori posto, strappata dal nord Europa e infilzata a forza tra altre due. Non rientra nel contesto, persino tra la grande varietà che l’è Milan.
È la “Casa 770”, in via Poerio 35, facciata di mattoncini e finestre in stile fiammingo, e ne esistono molte altre, identiche, sparse per il mondo.
L’originale venne costruita nel 1920, a Brooklyn, al numero 770 (da cui prende il nome) di Eastern Parkway. Vent’anni dopo i Lubavitcher, una famiglia di ebrei, la compra e la trasforma in sinagoga per ospitare il rabbino Scheerson, in fuga dalle persecuzioni naziste. Creano una congrega di fedeli che aumenta nei decenni a seguire, tanto che la piccola abitazione gotica non basta più ad ospitare i praticanti.
È proprio l’esigenza del movimento Chabad nel voler mantenere un legame spirituale col rabbino Schneerson che permette la riproduzione della Casa 770 in tutto il mondo, diventando un luogo simbolico dell’intera comunità.
Argentina, Canada. Israele, Australia, Stati Uniti. La Casa è stata replicata il più fedelmente possibile all’originale, e in Europa occidentale ce n’è solo un esemplare.
Proprio qui, a Milano.
Ora che ne conoscete la storia, forse vale la pena perdersi nelle sue vicinanze.
Parte del fascino di Milano è dovuto all’eterogeneità architettonica che contraddistingue il capoluogo lombardo da oltre un secolo.
Visto il grado di tecnologia che accompagna ogni nostro passo, smarrirsi in una qualsiasi metropoli, è diventato il ricordo di una generazione che ancora chiedeva informazioni ai passanti. Ora invece, a meno che sia già finito il 4G mensile, difficilmente sentiamo dire “Mi scusi, sa dirmi dov’è…”.
Perdersi di proposito però è ancora fattibile, e in una città come la nostra, consigliabile, almeno una volta nella vita. Perché l’anima di Milano non sono solo le vetrine di negozi alla moda che attirano frotte di compratori internazionali o i ristorantini chic dai nomi accattivanti, ma anche – e soprattutto – gli edifici stessi, stoici testimoni silenziosi di un’era in perpetuo cambiamento.
Basta spostare lo sguardo un po’ più in su mentre si solcano vie affollate per ammirare cornicioni, balconi, archi, affreschi e decorazioni da cartolina. Scorci nascosti in bella mostra, che nella città più frenetica d’Italia, – dove i caffè si bevono sempre in piedi per fare prima – spesso passano in secondo piano.
Romanico, neogotico, barocco. Ma anche eclettico e naturalmente liberty. Ogni quartiere mostra fantastiche sfaccettature di uno stesso cuore con tonalità diverse. In pochi minuti passiamo da modernissimi grattacieli di vetro e acciaio a palazzi d’epoca in marmo e granito. Carisma e innovazione. Due mondi che si fondono in una realtà urbana capace di attirare quasi otto milioni di visitatori all’anno.
C’è però una casa che balza subito all’occhio, diversa da tutte le altre. Sembra fuori posto, strappata dal nord Europa e infilzata a forza tra altre due. Non rientra nel contesto, persino tra la grande varietà che l’è Milan.
È la “Casa 770”, in via Poerio 35, facciata di mattoncini e finestre in stile fiammingo, e ne esistono molte altre, identiche, sparse per il mondo.
L’originale venne costruita nel 1920, a Brooklyn, al numero 770 (da cui prende il nome) di Eastern Parkway. Vent’anni dopo i Lubavitcher, una famiglia di ebrei, la compra e la trasforma in sinagoga per ospitare il rabbino Scheerson, in fuga dalle persecuzioni naziste. Creano una congrega di fedeli che aumenta nei decenni a seguire, tanto che la piccola abitazione gotica non basta più ad ospitare i praticanti.
È proprio l’esigenza del movimento Chabad nel voler mantenere un legame spirituale col rabbino Schneerson che permette la riproduzione della Casa 770 in tutto il mondo, diventando un luogo simbolico dell’intera comunità.
Argentina, Canada. Israele, Australia, Stati Uniti. La Casa è stata replicata il più fedelmente possibile all’originale, e in Europa occidentale ce n’è solo un esemplare.
Proprio qui, a Milano.
Ora che ne conoscete la storia, forse vale la pena perdersi nelle sue vicinanze.
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