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I 12 Tipi di Pendolari Milanesi
20/11/2017 I 12 Tipi di Pendolari Milanesi

Una ricerca del Censis ha stimato che i pendolari lavorino circa un mese e mezzo in più all’anno rispetto a chi ha la fortuna di abitare vicino al luogo di lavoro. Con una media di 72 minuti (spesso di più, ahimè) tra andata e ritorno, nell’arco dell’anno vengono accumulati 33 giorni lavorativi di viaggio.

Eh sì, perché fare il pendolare è un lavoro, tra corse, alzatacce, spintonamenti, odori spiacevoli, la vita di chi macina decine di chilometri ogni giorno non è delle più facili.

Due cose accomunano le persone che utilizzano i mezzi giornalmente: i ritardi, e l’appartenere ad una macro categoria di simili, di cui tutti facciamo parte, più o meno consciamente.

Scopriamo insieme quali sono i 12 tipi di pendolari milanesi.

1. I dormienti impavidi – Li vediamo spesso, e in minima parte, li invidiamo anche un po’. Sono quelle persone in grado di addormentarsi ovunque, e in ogni situazione. Testa china e bocca semiaperta, probabilmente partono dal capolinea, circa quattro ore e mezza prima di noi, considerando i ritardi dei treni. Arrivano da quei fantastici posti che nessuno ha mai visto tranne loro, come Pioltello o Treviglio. Noi troviamo anche solo il pensiero di addormentarci davanti a un plotone di sconosciuti irrealizzabile. E se poi perdiamo la fermata? Assolutamente no. Beati loro.

2. Gli scrutatori dell’abitudinario – Sui treni, si sa, ci sono i finestrini (meno male!). E se ci sono i finestrini, c’è un panorama da vedere dall’altra parte del vetro. Di solito è composto da zone industriali e capannoni fatiscenti, ma è pur sempre qualcosa da guardare. Non importa se è la stessa identica fotocopia, ripetuta giorno dopo giorno, scrutare fuori è meglio di vedere dentro. Probabilmente c’è un che di romantico e filosofico in tutto questo. Liberi di trarre personali considerazioni.

3. Gli irritabili – Fare il pendolare non è facile. La sindrome da burnout è sempre in agguato. Quando oltre ai ritardi, la pioggia e gli scioperi, ci aggiungi uno schiamazzante terzetto di amici che grida alle 7.20 del mattino, il rischio di inalberarsi per futili motivi è dietro l’angolo. Spesso, gli irritabili, gradiscono non gli si rivolga la parola nelle prime ore della giornata, guardando in cagnesco persino il controllore che chiede i biglietti.

4. I cuffiettari – Quale metodo migliore per sopravvivere agli interminabili minuti in viaggio se non isolarsi dal resto del mondo con la nostra musica preferita? A volte si riesce addirittura ad entrare in un buco spazio temporale, dove la melodia che solletica i timpani è talmente suadente, che un minuto prima saliamo sul treno, quello dopo siamo già sotto l’ufficio. Incredibile. Gli irritabili spesso si ritrovano in questa categoria, perché ehi, non posso parlarti se non riesco a sentirti. Col ritorno dei cuffioni anni ’80 poi, l’alienazione è garantita.

5. I lettori seriali – Questo gruppo comprende altre due sotto categorie: chi è rimasto fedele alla cellulosa, e gli utilizzatori dell’inchiostro elettronico. A volte si creano faide tra le due fazioni; ognuna supporta tesi valide ed argomentate a proprio favore, ma forse perdono di vista il cuore della questione. Sono entrambi amanti della lettura, è questo il punto, no? Parafrasando il discorso di Meow col suo gemello nel primo film dei Pokemon, viviamo tutti sotto lo stesso cielo. Respiriamo la stessa aria. Perché non ci soffermiamo sulle cose che ci accomunano, invece di vedere solo le differenze? Non ve lo ricordavate così profondo, vero?

6. Gli scorritori di bacheche
– Chissà quanti chilometri al giorno percorrono i nostri pollici, scorrendo sulle bacheche virtuali di Facebook, Instagram, e compagnia bella. Forse più del viaggio in treno. Una volta che si inizia a strofinare il polpastrello sullo schermo, è difficile smettere, soprattutto in mancanza di amici con cui parlare. Gli scorritori di bacheche rappresentano senza dubbio la grande maggioranza dei pendolari. Una sbirciatina alla notifica e poi smetto. Le ultime parole famose.

7. Gli studenti in crisi – Una ripassatina veloce veloce in treno prima dell’esame non potrà che far bene, no? Finché non ti confronti con l’amico che ti fa sorgere un dubbio amletico, solleva un quesito su cui non hai sicurezze, e nei pochi minuti che ti separano da un foglio intestato a tuo nome, inizi a sfogliare libri e fotocopie alla velocità di un prestigiatore di Las Vegas. In questi casi, essere un pendolare può persino tornare utile, a patto di trovare lo spazio fisico per aprire un libro di 400 pagine all’ora di punta.

8. Gli ansiosi – Non tutti lo sanno, ma all’interno dei vagoni dei treni, esistono dei leggendari luoghi chiamati “corridoi”. Ospitano agevolmente almeno una decina di persone in piedi, ma addentrarsi nei meandri del treno con la paura insidiata nel retro della nuca di non riuscire a scendere alla fermata corretta, non è umanamente concepibile. Non se ne parla proprio, giusto? Meglio mettere radici nell’atrio, appena oltre le porte, in modo da essere pronti all’imminente discesa. Anche se avviene 35 minuti dopo. E anche se impediamo la salita di altri nostri compagni viaggiatori. Noi siamo a bordo, è questo che conta.

9. Gli stacanovisti zelanti – Dotati di un’autodisciplina zen in grado di isolarli dal trambusto e focalizzarli sull’obiettivo, gli stacanovisti zelanti sono quelli che alle 6.40 del mattino riescono già ad avere il cervello attivo e rombante, pronto a fatturare. Portatile in mano, pigiano sulla tastiera, compilando report dell’ultimo minuto, o arricchendo grafici a torta degni di Kandinsky. Probabilmente si sono allenati nella Batcaverna per raggiungere un tale zelo, ma dobbiamo proprio dirlo. Complimenti. Bravó.

10. I provoloni pragmatici – La vita di un pendolare, lavoratore o studente che sia, è scandita dal sali-scendi sui mezzi. Sommando le ore di viaggio agli impegni quotidiani, il tempo libero rimanente non è tantissimo. Ecco perché, i provoloni pragmatici, ottimizzano i minuti che li obbligano sui treni e sulle metro, abbordando nuove persone, sperando di fare colpo tra una fermata e l’altra, incoraggiati dalle situazioni al limite dell’estremo che si dicano facilitino l’affiatamento. E se conoscete un luogo più estremo della metro verde alle 18.30, fatecelo sapere.

11. Gli osservatori silenziosi – C’è un discreto numero di persone che non ascolta la musica, non parla, non guarda fuori dal finestrino, non si perde nei social. E cosa fanno allora? Ascoltano gli altri, i loro racconti urbani, sempre nuovi e sempre diversi, eppure tutti uguali. Guardano gli estranei, leggono i loro volti stanchi come pagine di un libro fin troppo conosciuto. La loro musica è lo stridio metallico dei freni del treno. I loro social sono gli individui che li circondano. Osservano, silenziosi ed eloquenti. Forse sono quelli che avrebbero più cose da dire, ma non ne hanno bisogno.

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